Le stampe fotografiche all’albumina prodotte da quei fotografi che hanno ereditato o rilevato da metà ‘800 in poi gli studi dei fotografi Italiani, Americani, Tedeschi ed anche altri. Stampe tenui, dai colori sfumati e colorate a mano, con tecniche abilissime ed attenzioni altrettanto precise e particolari. Il mondo che raffigurano è quello sonnolento del Giappone dalla metà dell’’800 in poi, giardini, risciò, gheishe e donne notabili che si radunano in gruppo per le cerimonie del Thè, con bonzi scintoisti coperti dai loro ombrellini parasole, parte integrante delle cerimonie e dei funerali. I nomi di questi veri e propri artisti sono Kusakabe Kimbei, Beato, Farsari e molti altri, conosciuti e meno conosciuti, ma che hanno dato una impronta alla raffigurazione incrostata ed intangibile di secoli che ha fatto sì che il Giappone dei secoli passati arrivasse sino a noi e fosse sottoposto alle nostre attenzioni e valutazioni. Un mondo ovattato, segnato dalla mole e dall’inconfondibile profilo del Fujiama che si rispecchia nell’Akone Lake come riportano le lastre stampate su carta prodotta spalmando l’albume dell’uovo e cosparsa di sali al bromuro d’argento. Un procedimento ormai scomparso non solo dalla produzione manuale dei fotografi ma anche da quella industriale già alla fine dell’’800. Un segno evidente di una importante tappa che segna un epitaffio nella storia della fotografia.