Immagini da lastre scattate da anonimi, ma non per questo meno interessanti e belle dei pochi autori che percorrevano la Birmania della dominazione inglese e che portavano i nomi di: Adolphe Klier, Felice Beato, Max and Bertha Ferrars. I fotografi sconosciuti non erano solo inglesi ma sebbene pochi, appartenevano anche alle classi più agiate dell’aristocrazia birmana, ricchi commercianti, piccoli produttori e venditori delle più innumerevoli merci e prodotti, gente che si spostava anche via fiume per raggiungere le località dove i loro clienti acquistavano partite di merce che loro stessi producevano nelle città. Chiaramente è una storia vissuta molto più da vicino dentro la popolazione che le foto artistiche e perfette confezionate negli Studi di Rangoon, di Ahujia o di Klier. Queste immagini raccontano i volti, le famiglie, i gruppi tribali Shan, Karen, nei loro villaggi di capanne e nei luoghi di sosta di marce fuori circuito incredibili. Qualche figlio di albione puntava anche la propria macchina fotografica verso le guglie delle pagode nella Valle di Pagan dopo averla raggiunta con estenuanti tappe con i battelli a ruota, immortalando le rive di quell’Irrawady che successivamente sarebbero state contornate dai calcinati templi fatti erigere da U Nu con i milioni di dollari regalati alla Chiesa Buddista dalle Nazioni Unite quasi un secolo dopo. È una atmosfera sonnolenta, imperturbabile, che vede nelle nebbie del mattino formatesi nella notte sull’Irrawady lo scorrere lentamente della vita nei mercati dei villaggi che contornano le sue gialle rive, mentre il soggetto principale forse non sono nè gli esseri umani nè gli animali, poiché entrambi sono totalmente interpretati ed assuefatti all’ordine del tempo che da secoli si muove con la lentezza delle acque del grande fiume. Un quadro immobile che porta inevitabilmente a percepire agli occhi ed alla mente del visitatore il rumore dello scorrere di questo tempo, perché è solo lui che la fa da padrone in tale atmosfera… e questa è una sensazione che non ti lascia più, mentre si sorseggia un chae bollente fatto con l’acqua dell’Irrawady pescata con un secchio dal battello a ruota mentre l’Asia sconosciuta ti passa davanti.